RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - In rotta con il suo capo"processato" per delfino
Genova, 18 gennaio 2010
In rotta con il suo capo"processato" per delfino
luci e ombre del personaggio
NEL SUO ufficio il profumo dell'incenso e il rock di Bruce Springsteen non mancano mai quando la tensione sale. Ed Enrico Zucca, 53 anni, personalità schiva e finemente ironica, originario del quartiere di Sampiedarena, il pm del serial killer incastrato (Bilancia) e del killer che si rifiutò di far arrestare «per mancanza di prove» (Delfino); uno dei pm del G8 che hanno osato puntare il dito accusatore contro i vertici della polizia ma che sono stati "bocciati" dal tribunale; in questi anni di Procura ha avuto miriadi di occasioni per accendere nuovi bastoncini orientali e rilassarsi qualche istante, chiedendo aiuto all'ultimo cd del Boss.
Adesso che la sua esperienza in prima linea si sta per concludere, la porta resta chiusa alle domande del giornalista. Ma le migliaia di fascicoli che portano la sua firma, di cui la sua stanza e gli archivi di palazzo sono ricolmi, sono lì a raccontare la sua storia. E soprattutto a far immaginare il perché della sua scelta. I bene informati del tribunale sanno che non c'è un episodio scatenante dietro alla decisione di lasciare la Procura. Ma sanno anche che devono aver avuto un certo peso i contrasti con il vertice del suo ufficio, retto dal procuratore capo Francesco Lalla, sempre sotterranei e mai pubblicamente espressi. Contrasti che hanno accompagnato l'attività del pm Zucca in questi ultimi e tormentati anni.
Uno dei casi più emblematici, l'invio degli avvisi di fine indagine ai funzionari e agli agenti indagati per l'irruzione della scuola Diaz ai tempi del G8: in calce al documento, datato settembre 2003, mancarono le firme del procuratore capo e quelle dei suoi due vice. I protagonisti spiegarono che si era trattato di una questione di assenza per ferie. Nessuno si convinse, però.
Sulla strada del pm Zucca un'altra firma pesa in questi anni, e riguarda la richiesta di arresto presentata insieme al pm Walter Cotugno e all'aggiunto Mario Morisani nei confronti dell'ex presidente dell'Autorità portuale Giovanni Novi. Il procuratore capo ritenne quella misura troppo pesante e prese le distanze per iscritto sconfessando apertamente i suoi sostituti.
Il fatto più recente e anche quello che più profondamente ha segnato il pm Zucca è l'omicidio Biggi, legato a doppio filo alle coltellate con cui fu uccisa a Sanremo Antonella Multari. Luca Delfino poteva essere fermato, «c'era una marea di prove» disse il capo della squadra mobile Claudio Sanfilippo. Quello scontro alimentò minacce di ignoti per le quali Zucca fu messo sotto scorta, indusse il ministero della Giustizia a inviare gli ispettori. Ma il dubbio, che aleggia ancora sul processo a Delfino ormai pronto a partire in corte d'assise, non è mai scomparso: non valeva la pena di forzare la procedura (seguita in modo assolutamente legittimo da Zucca, come appurò il ministero) come suggeriva la polizia?
L'ultimo insuccesso sulla strada del pm è l'assoluzione in primo grado dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro dall'accusa di aver istigato a dire il falso l'ex questore di Genova. Contro quella sentenza Zucca ha recentemente presentato appello. Il problema - si legge in sintesi nel ricorso - è stabilire se una personalità come quella dell'ex capo della polizia debba essere considerata al di sopra di ogni sospetto oppure no. E se la sua assoluzione debba arrivare solo in virtù dell'«integrità derivante dal suo ruolo istituzionale». Scrive il pm Zucca: «Occorre tornare al diritto e giudicare sulla base di quanto è emerso al processo». Al contrario «non si fa giustizia, ma la sua caricatura». Ma questa è un'altra storia. Anche se, proprio come quella di Zucca, si dispiegherà in corte di appello.
G. Cet.